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La tribù e altri racconti inattesi
Italo Svevo

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"Mi sento come un pezzo d'aglio capitato nella cucina di persone che non ne vogliono sapere" così si sentiva giudicato Italo Svevo dai suoi contemporanei. Ettore Schmitz, in arte Italo Svevo, nato nel 1861 da una famiglia di origine ebraica non può essere certo inquadrato in alcun contesto letterario italiano preesistente. Rispetto ai suoi romanzi, non meno importanti anche se molto meno conosciuti, sono i racconti, alcuni dei quali postumi e nei quali le tipiche scissioni sveviane coniugano ideologie apparentemente opposte. A dare il titolo a questa raccolta "La tribù", un apologo politico apparso per la prima volta sulla rivista "Critica sociale", diretta da Filippo Turati e rivolto contro il mondo industriale capitalista e le estranianti condizioni ad esso collegate. Seguono "Lo specifico del dottor Menghi" e "Argo e il suo padrone" i quali, tra positivismo e marxismo, tra Nietzsche e Schopenhauer, contribuiscono a delineare il profilo di un autore che più di ogni altro, nella sua epoca, operò una vera rivoluzione artistica, attribuendo un senso diverso alla letteratura così come alla vita.

Non intendo tacere!:

Emile Zola

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Otto articoli di Émile Zola pubblicati da “Le Figaro” tra il dicembre del 1895 e il giugno del 1896 sono oggi per la prima volta riuniti in un unico volume e proposti integralmente in Italia. Ateo, anticlericale, vicino alle idee socialiste e convinto animalista, Zola si battè sempre con enorme coraggio per difendere le proprie opinioni e questi articoli, quanto mai attuali, ne sono un chiaro esempio. Tra di essi, per capacità di analisi e lungimiranza, non possiamo dimenticare: In difesa degli ebrei, L’amore per gli animali e La proprietà letteraria. Solo poco tempo dopo, nel 1898, lo scrittore salirà alla ribalta delle cronache con il celebre “J'accuse”, lettera aperta al presidente della repubblica francese in difesa del capitano Dreyfus.

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Stalky & Co.

Rudyard Kipling

​​Siamo in un collegio inglese del Devon a fine Ottocento. Qui vengono addestrati “i giovani figli dell’Impero” destinati a costituire i quadri amministrativi ma soprattutto militari nelle colonie britanniche sparse per il mondo. Insieme ad alcuni di loro, Stalky, Beetle e M’Turk, conosciamo la vita del collegio, le regole, le rivalità e la voglia di vivere di questi ragazzi che di lì a poco avrebbero raggiunto le loro destinazioni. Nell’ultimo capitolo, 15 anni dopo, ci vengono tramandate le gesta di Stalky, impegnato in battaglia contro alcune tribù afgane: una perdita dell’innocenza non priva di conseguenze per il ragazzo divenuto ormai uomo. Il libro, dallo spiccato carattere autobiografico – Kipling ebbe un apprendistato formativo in un contesto simile, allo United Services College –, viene presentato nella storica traduzione di Gian Dàuli, singolare ed estrosa figura di scrittore, traduttore ed editore

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